03 dicembre 2007

Time Zones


Anni fa un festival come questo ha ospitato David Sylvian e Robert Fripp insieme in un piccolo auditorium, così come ha consentito al solo David Sylvian di incantare il pubblico del Palatour Perla (sono daccordo, il nome fa schifo...), ed ha fatto conoscere al pubblico italiano il genio di Ryuichi Sakamoto quando per tutti era solo un tipo strambo che faceva le colonne sonore per i film con Duca Bianco. Cercare al limite la musica possibile vuol dire a volte sbagliare, trovar eil brutto o l'improbabile, il difficile, ma quale garanzia ci può essere di miglior ricerca se non quella che i risultati saranno giudicati con l'occhio del tempo ? Chi avrebbe mai permesso a Charlie Parker di suonare dopo averlo sentito per la prima volta ? E quante mazzate ha forse preso il povero Ornette Coleman dai clubs del Texas prima di essere riconosciuto per quell'innovatore che è stato acclamato la scorsa estate anche qui, a Monopoli, in un concerto memorabile ? La verità è che i concerti di Time Zones non sono tutti belli, e ci si può solo innamorare della musica che ci passa dentro oppure odiarla a morte. Questo marchio da vent'anni garantisce alle orecchie di chi si reca ad ascoltare la garanzia di poter seguire, volendo, una nuova direzione, di cercare e trovare un altro suono o perfino di ascoltare per la prima volta consapevolmente il silenzio... Anche quest'anno è stato così, il festival burlone, si è mosso ai limiti, ma forse si è appiattito un po' su alcuni generi, su un sound più ortodosso, direi elitario, perché la musica è tanta. Penso a quello che porta in giro Dee Dee Bridgewater che ha risuscitato un interesse autentico per la musica Marienne di origine africana, passata anche lei questa estate dalla Puglia (Mavù). Il Time Zones non stupisce più come una volta, ma ha selezionato i propri orecchi più affezionati ed ha preso una direzione. Forse avrebbe potuto guardare più lontano, ma anche queste scelte, filologicamente inappuntabili, sono figlie di una direzione artistica coerente. E la rispetto.

Quello che Bobby Previte (foto) ha suonato con i suoi amici presi da ogni angolo d'Europa (compresa Bari...) è stato ad esempio un concerto che non si può definire in modo compiuto. Semplicemente energia allo stato puro, libertà e rigore, soffio e urlo. Gianluca Petrella ha fatto la sua parte, ma come comprimario tra grandi. Previte ha sicuramente dominato, senza risparmiarsi. E in barba a chi pensa che certo free si possa suonare ad minchiam tutte le parti erano scritte, e non in gesti, diminuenendo o altro, nossignore, erano crome, minime e semibiscrome con tutte le pause al posto giusto. Il caro vecchio pentagramma insomma.

Ad averne concerti così.
E festival di questa fattura...

All'anno priossimo.

1 commento:

Mina ha detto...

ho letto il tuo post su time zones..sicuramente viene voglia di andarlo a sentire e in questo neonato anno dunque lo aggiungerò tra i miei obiettivi
suggerimento da parte mia(se già non li conosci)? time in jazz a berchidda organizzato da paolo fresu e musica sulle bocche a S.teresa di gallura organizzato da enzo favata,dove tengono banco gli spettacolari concerti sulla spiaggia della rena bianca organizzati all'alba
ps.buon anno!!