17 dicembre 2006

niente di più triste...

...di una chitarra con un mi cantino saltato... nuovo di zecca lo monti dopo tutte le altre e si rompe... muta Thomastik George Benson series, le compri solo su Internet! nel frattempo Jackie giace mutilata senza la più lirica delle corde... potete immaginare niente di più triste ? Niente mi mette così di cattivo umore come una chitarra menomata in modo irrimediabile.
No way out: nuova muta (mai all'altezza di queste splendide corde in nichel), nuovo tentativo. Più fortuna. Si spera.
Buonanotte a voi.

riti e culti


La festa di Santa Lucia al mio paese coincide con un rito abbastanza sentito, come in molti altri paesi in questo periodo dell'anno si accendono dei grandi falò, infatti più ci si avvicina al 21 Dicembre più le giornate si accorciano, tutti i riti che hanno a che fare col culto della luce (e quindi del sole...) si accendono, Santa Lucia è protettrice della vista, come è accaduto molte volte nella storia dell'umanità un culto cristiano ha in realtà tentato di soppiantare un culto pagano legato alla luce, al fuoco, al sole, ed agli Dei che rappresentano questi elementi naturali. Lo stesso dicasi per il rito stesso del Natale.

Da noi l'occasione serve anche a scaldare il paese, a farsi ammaliare dalla arcaica capacità ipnotica del fuoco, e a godersi un panino col baccalà fritto (un must in questa festa) e un bicchiere di primitivo vicino (ma non troppo) al fuoco. Le pire sono alte 3 metri e più per cui non si può stare più vicini di 5 metri, è fastidioso oltre che pericoloso, soprattutto per gli occhi (guardacaso...).

Anche quest'anno la festa è scivolata via senza danni, qualche postumo il giorno dopo per via degli abusi e stravizi della notte prima, me niente di grave.

Questo in realtà inaugura soltanto la stagione degli stravizi, dato che il 26 Dicembre comncia il Carnevale come tutti gli anni, l'ultima festa pazza, l'esorcizzazione dei mali, l'addio agli stravizi per accogliere purificati e rinnovati nello spirito e nel corpo la primavera...

16 dicembre 2006

Christmas time...

Storia di un delitto già commesso. Non è mica vero che il Natale viene tutti gli anni. A volte passa e non te ne accorgi, a volte lo aspetti ma non arriva mai, poi quado è passato ti chiedi - ma dov'era ? -. Qualcuno giurerebbe di averlo visto o sentito, c'è chi lo sente da settimane prima, ci sono quelli per cui "è passato pure Natale" quanto ancora non si sono festaggiati i morti (e nemmeno i santi). Fatto stà che io credo che arriverà quest'anno, e tanto anche se non arriva ci sono già tutti i sintomi... cornicioni balconi vetrine pali della illuminazione addobbati col massimo rischio possibile per i pedoni (tanto la scossa a Natale mica può uccidere qualcuno no ?)... jingle a più non posso, regali acquisti compro vendo cedo affittasi regali per le vacanze natalizie, poi me li ridate, e tutti hanno la stessa febbre, il sintomo di una sola malattia che come una epidemia si diffonde regolare come un orologio svizzero. Principale sintomo: aspetto interrogativo, che dice "cosa posso prendere a...". A chi ? E soprattutto perchè ? Perchè mi fa piacere ? No, certo, pechè se mi facesse piacere lo fare quando mi pare mica a comando, no ? Ma cosa dici! E' una occasione come un'altra per dimostrare alle persone a cui vuoi bene che è così, che te ne ricordi, e questo è tuo pensiero per Natale! Già, il pensiero. Allora stavi proprio pensando a quel maglione, giusto? Quello che hai comprato perchè di meglio, a 10 giorni dal Natale, proprio non hai saputo trovare, e poi il tuo affetto vale pure 100 euro no? Quando li hai spesi hai la coscienza a posto, hai fatto il tuo dovere, cosa importa se quel capo fra un mese si vende a 50, se finirà nell'armadio e nessuno lo guarderà, cosa importa soprattutto se non rappresenta il tuo pensiero, nè il suo. L'importante è spendere, per tutti, in proporzione giusta, così tutte le cattiverie e i pensieri bui si lavano via con un colpo solo. Siamo tutti più buoni ? Noooooo. Solo più vili.
Che farà a Natale Jack ? Come tutti gli anni guarderà la società dei consumi da un vetro magari appannandolo un po' col fiato, gli sovverranno i mille motivi per cui odia tutto quello sfarzo, la differenza tra valore e prezzo, la occidentalizzaizone del mondo (grazie a Serge Latouche...) e col voltastomaco farà finta di interessarsi ad una sciarpa, un cappello strano davvero, per riporre tutto. Tanto la commessa ha ben altro a cui dedicarsi, con tutto quello che si vende certo non verrà a pregarlo di rivolgere la sua attenzione su quest'altro capo. Penserà ai pensieri del mercato equo e solidale, ai libri, ai dischi introvabili, ad un regalo che somigli davvero ad un pensiero felice indipendentemente da quanto costa. E alla fine anche lui farà il suo dovere, magari gli altri storceranno il muso di fronte a tanto cattivo gusto Natalizio, ma che me ne faccio di questo libro così impegnativo, mi farà pensare, io odio pensare, a Natale è vietato occorre mettere i neuroni in ferie e le sinapsi in manutenzione. Potrei regalare un abbonamento alla stagione lirica del Petruzzelli (ei fu...) ma chi ci va più ? quattro ore seduto a sentire questa gente cantare cose incomprensibili, è uno sforzo mica da poco... Si farà riconoscere, Jack, per quello che è e che è sempre stato. Uno strano, con gusti difficili e marginali, attento a cose cui non bada nessuno e per niente preocupato di quello che affolla la mente dei più ("sarà abbastanza per lei ? o dovrei spendere un po' di più?").
Da bravo comunista agnostico aspetterà che l'ipocrisia finisca, che tutto torni come prima, e bramerà la vista della montagna per cimentarsi con gli sci in qualche acrobazia prima che gli anni glielo vietino, per tornare in contatto con quello che più lo fa sentire umano, la natura.
Che bello sarebbe invece vivere in un altro posto, senza ipocrisia, cioè un posto con gente di sani principi, e dove si possono trovare davvero delle belle idee regalo, si insomma, un paese con l'esse davanti, no ? Giusto ? ;-)
 
 
 
Il paese con l'esse davanti
 
Giovannino Perdigiorno era un grande viaggiatore. Viaggia e viaggia, capito nel paese con l'ese davanti.
- Ma che razza di paese è? - domando a un cittadino che prendeva il fresco sotto un albero.
Il cittadino, per tutta risposta, cavò di tasca un temperino e lo mostrò bene aperto su un palmo della mano.
- Vede questo ?
- E' un temperino.
- Tutto sbagliato. Invece è uno "stemperino", cioè un temperino con l'esse davanti. Serve a far ricrescere le matite, quando sono consumate, ed è molto utile nelle scuole.
- Magnifico, - disse Giovannino. - E poi ?
- Poi abbiamo lo "staccapanni".
- Vorrà dire l'attaccapanni.
- L'attaccapanni serve a ben poco, se non avete il cappotto da attaccarci. Col nostro "staccapanni" è tutto diverso. Lì non bisogna attaccarci niente, c'è già tutto attaccato. Se avete bisogno di un cappotto andate lì e lo staccate. Chi ha bisogno di una giacca, non deve mica andare a comprarla: passa dallo staccapanni e la stacca. C'è lo staccapanni d'estate e quello di'inverno, quello per uomo e quello per signora. Così si risparmiano tanti soldi.
- Una vera bellezza. E poi ?
- Poi abbiamo la macchina "sfotografica", che invece di fare le fotografie fa le caricature, così si ride. Poi abbiamo lo "scannone".
- Brr, che paura.
- Tutt'altro. Lo "scannone" è il contrario del cannone, e serve per disfare la guerra.
- E come funziona ?
- E' facilissimo, può adoperarlo anche un bambino. Se c'è la guerra, suoniamo la stromba, spariamo lo scannone e la guerra è subito disfatta.
Che meraviglia il paese con l'esse davanti.
 
Gianni Rodari [Favole al telefono]

08 dicembre 2006

........, brava gente

... Ora è triste cosa a dirsi, ma non per questo meno vera, che in Italia l'educazione dell'uomo, la formazione della cellula morale base - l'individuo -, è ancora in gran parte da fare. Difetta nei più, per miseria, indifferenza, secolare rinuncia, il senso geloso e profondo della autonomia e della responsabilità. Un servaggio di secoli fa sì che l'italiano medio oscilli ancora oggi tra l'abito servile e la rivolta anarchica. Il concetto della vita come lotta e missione, la nozione della libertà come dovere morale, la consapevolezza dei propri limiti ed altrui, difettano. Gli italiani hanno più spesso l'orgoglio della loro persona, nei suoi valori e rapporti esterni, che della loro personalità. La loro vita intima è ricchissima, ma unilaterale; ricchissima soprattutto nella sfera sentimentale, in cui erompe in forme istintive ed esasperate. La pacata riflessione sui massimi problemi della vita, l'abitudine al commercio col proprio foro interno, quel fecondo tormento spirituale che crea lentamente tutto un prodigioso mondo interiore che solo può dare la coscienza di sè come unità distinta ed autonoma, mancano nei più. L'educazione  cattolica - pagana nel culto e dogmatica nella sostanza - e la lunga serie dei paterni governi hanno esentato per secoli gli italiani dal pensare in persona prima. La miseria ha fatto il resto. Ancor oggi l'italiano medio abbandona alla Chiesa la sua autonomia spirituale; ed ora si vede costretto ad abbandonare allo Stato, elevato al rango di fine, anche la sua dignità di uomo, degradato a semplice mezzo. Disposto alla servitù nel dominio della coscienza, lo si forza ora alla servitù nel dominio sociale e politico. Logica conclusione di un processo di passive rinunzie.
 
Carlo Rosselli [Socialismo liberale] (Parigi, 1930)

01 dicembre 2006

Amare per sempre


Amare essere amati,
amare l'amore,
innamorarsi dell'amare,
morire ?
Passeggiare...
galleggiare,
chiudere gli occhi al sole
incontro alla lentezza
dei passi...
scaldarsi.
Per sempre.

12 novembre 2006

Le mie cose preferite

Raindrops on roses ad whiskers on kittens,
bight copper kettles and warm woolen mittens,
brown paper packages tied up with strings,
these are a few of my favourite things.
Cream colored ponies and crisp apple strudels,
doorbells and sleighbells and schnitzel with noodels
wild geese that fly with the moon on their wings,
these are a few of my favourite things.
Girls in white dresses with blues satin sashes,
snowflakes that stay on my nose and eyelashes,
silver white winters that melt into springs.
These are a few of my favourite things.
When the dog bites,
when the bee sings,
when I'm feeling SAD,
I simply remember my favourite things,
and then I don't feel
so
bad.
 
[Oscar Hammerstein II & Richards Rodgers]

04 novembre 2006

Jade Visions

L'dea del mare non mi ha mai molto affascinato come accade a chi ci vive, sul mare, e non può fare a meno di vederlo, interrogarlo, avvicinarsi, come se per sapere che camicia mettersi stamattina fosse necessario sapere di che colore è, il mare, oggi, se è increspato, turbato, calmo, azzurro, blu intenso, verde, o grigio come le nubi... è fascinoso questo legame, che per noi che viviamo sul Mediterraneo vuole dire in genere una cosa precisa: il nostro mare non è il mare dell'infinito di Ulisse, il mare del libero ad ogni costo, di chi lascia radici e legami e vive del suo guscio di noce e basta, è un mare in mezzo alle terre, che porta al confronto con l'altro, il diverso, l'ospite, il mercante, il saraceno, il turco di "mamma li turchi", è il punto di incontro, la frontiera che divide ed unisce, e questo fa parte integrante del carattere di noi pugliesi che siamo individualisti quanto basta perché abbiamo sempre la possibilità di partire ed andare altrove verso quello che non conosciamo ma sappiamo che è lì dietro, ma siamo anche accoglienti e ospitali, cordiali e amici di tutti perché siamo abituati all'incontro con lo straniero. Lo straniero che non è, che non c'è, perché a Bari nessuno è straniero; il mio sangue è insieme dei Peuceti, dei Longobardi, per la maggior parte, ed in parte minore dei Normanni, degli Spagnoli, dei Turchi, e dei Francesi, per guardare ai tempi più recenti. Lo so perché questa è la storia della mia famiglia. Il nostro Mare, il mare nostrum ovvero il mare joni, lo Ionio, che in Arbereshe vuol dire appunto nostro, è il mare della accoglienza e dell'incontro con l'altro. Da Otranto i monti del Montenegro sembrano a portata di remo, da Peschici la Croazia sembra un'isola per vele come lenzuoli, sono pochi kilometri che a farli in auto ci vorrebbe un'ora soltanto, e questo è quello che viviamo dentro. Ma il mare è anche partire, lasciare ciò che ci sta stretto per cercare fortuna altrove, altr'ove, ove è altro. Il giorno che la goccia trabocca dal vaso, quando il nostro mondo ci stringe nella morsa, il cielo è grigio, la mano che ti stringe la bocca dello stomaco è più cattiva del solito, il vuoto nel petto è più presente, la barca è il solo pensiero, andare davanti senza strade, approdare non sai dove è la cosa che ti lascia ancora sognare qualcosa di diverso... il sogno, l'aspirare con passione all'ideale si materializza in quella enorme (infinita ?) distesa di acqua e di vite che si incrociano.
In uno di quei giorni, lui, disse:

Chiamatemi Ismaele.
Alcuni anni fa - non importa esattamente quanti - avendo in tasca poco denaro, o forse non avendone affatto, e non avendo nulla di particolar che mi trattenesse a terra, pensai di andarmene un poco per mare, a vedere la parte del mondo coperta dalle acque. E' il sistema che uso per scacciare la tristezza e tenere sotto controllo la circolazione. Ogni qual volta m'accorgo che mi si va formando intorno alla bocca una piega arcigna; quando sulla mia anima scende un umido, piovigginoso novembre; quando mi sorprendo a sostare involontariamente davanti ai negozi di casse da morto e a seguire ogni funerale che incontro; e specialmente quando l'ipocondria prende il sopravvento su di me a un punto tale da far sì che debba ricorrere ad un forte principio morale per impedirmi di scendere deliberatamente in strada a far saltar via il cappello dalla testa della gente... allora giudico che sia giunto il momento di andar per mare il più presto possibile. E' il mio surrogato della pistola e della pallottola. Catone, compiendo un bel gesto filosofico, si getta sulla sua spada; io, tranquillamente, m'imbarco. In questo non c'è nulla di strano. Se solo lo sapessero, tutti quanti gli uomini, ognuno a proprio modo, prima o poi nutrirebbero per l'oceano più o meno gli stessi sentimenti che provo io.

Herman Melville [Moby Dick]

21 ottobre 2006

Parole altrui: l'arte di saper camminare


Bisogna essere lenti come un vecchio treno di campagna e di contadine vestite di nero, come chi va a piedi, e vede aprirsi magicamente il mondo, perchè andare a piedi è sfogliare il libro e invece correre è guardarne soltanto la copertina. Bisogna essere lenti, amare le soste per guardare il cammino fatto, sentire la stanchezza conquistare come una malinconia le membra, invidiare l'anarchia dolce di chi inventa di momento in momento la strada.
Bisogna imparare a star da sè ed aspettare in silenzio, ogni tanto esser felici di avere in tasca soltanto le mani....


Franco Cassano [Il Pensiero Meridiano]

14 settembre 2006

a volte...

A volte hai avuto una giornata di m...., a volte fa caldo oppure fa un freddo cane hai le dita paralizzate e sei stanco come uno straccio sbattuto, ma devi mettere insieme chitarra, amplificatore, leggio, effetti, prolunghe, spartiti (tutto sulla spina dorsale a migliorare la tua futura ernia) e caricare tutto in auto per un posto che ti aspetta. A volte altri faranno la stessa cosa, riempendo la SW di tamburi in un'ora di sudore, cacciando il contrabbasso per il c... dentro e speando che il manico non ti impedisca di guidare, lucidando il tenore e lubrficando i pistoncini della tromba. Capita anche che si arrivi sul posto con 3 ore di anticipo sul momento della tua ora, del tuo minuto di godimento, per montare, chiacchierare, fumare, sporcarsi e sudare prima di decidere quali tavoli spostare, dove mettere la batteria, la scaletta che va meglio, e con le mani ancora impolverate capita di provare il sound check con un blues in Bb che proprio non esce dai polpastrelli e ti sembra che le corde siano di cartavetro. A volte prima che cominci ad arrivare gente fai giusto in tempo a capire che anche stavolta tu non sentirai bene quasi nessuno degli altri strumenti per motivi che è inutile dipanare, e che se provi ad alzarti il volume qualcuno dirà che la chitarra è troppo alta, così speri soltanto che chi sta al tavolino più vicino non rimbambisca dal volume e chi sta in fondo possa sentire almeno i bicordi...
A volte prima di attaccare col primo brano ti tremano le gambe, e per scaldarti davvero ci metti un'ora di duro bebop.
Poi, per un minuto soltanto, quando lo spirito di Miles, John, Charlie, Reggie, Freddie cala su quel cerchio magico, e l'ispirazione si fa profonda come il respiro prima di andare, tutto sembra per-fett-to e.... suoni da dio. Chi è lì con te capisce dove stai andando e ti regge il gioco, gli schemi saltano, gli arrangiamenti vanno a farsi fottere, ma tutto ormai sta andando rotondo come non mai, e sei davvero, ancora, felice.

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Ti ricorderai per sempre di qul momento, ed è solo per sentirlo ancora che ci riproverai, nel tentativo di replicare quella luce bianca e accecante.
Quando sarà notte fonda, e tutti avremo smontato, incassato l'insalata, rimesso tutto in auto, ci fermeremo forse per un Pernod a ripensare a quanto è stato perfetto quando è successo, e brillano gli occhi... poi ognuno tornarà al suo letto, al suo sonno, al suo domani, al suo lavoro, eppure.... il mondo.... non sarà più lo stesso.
Grazie amici, per aver mosso le corde con me, le mie corde, poi quelle della mia chitarra, poi quelle dei sentimenti delle persone (poche) che quando è successo se ne sono accorte, ed hanno smesso di chiacchierare, di far casino coi bicchieri, e sono rimaste ad ascoltare, perchè stava succedendo: la musica. Per cos'altro si può vivere se non per questo fugace attimo che non si ripeterà mai più, che quando te ne accorgi è già andato, e che rappresenta la più alta forma d'arte e la idea più vicina a quella di Dio.
Beh, per provarci ancora!

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10 settembre 2006

Parole altrui: l'arte di lasciarsi conoscere

    Gli uomini che inseguono una moltitudine di donne possono facilmente essere distinti in due categorie. Gli uni cercano in tutte la donna dei loro sogni, un'idea soggettiva e sempre uguale. Gli altri sono mossi dal desiderio di impadronirsi dell'infinita varietà del mondo femminile oggettivo.
    L'ossessione dei primi è lirica: nelle donne essi cercano se stessi, il proprio ideale, e sono sempre e continuamente delusi perchè l'ideale, com'è noto, è ciò che non è mai possibile trovare. Poichè la delusione che li spinge da una donna all'altra dà alla loro incostanza una sorta di scusa romantica, molte donne sentimentali sono commosse dalla loro ostinata poligamia.
    L'altra ossessione è un'ossessione epica e in essa le donne non trovano nulla di commovente: l'uomo non proietta sulle donne alcun ideale soggettivo, perciò ogni cosa lo interessa e nulla può deluderlo. E proprio questa incapacità di rimanere delusi ha in sè qualcosa di scandaloso. Agli occhi della gente, l'ossessione del donnaiolo epico appare senza riscatto (senza il riscatto della delusione).
    Poichè il donnaiolo lirico insegue sempre lo stesso tipo di donna, nessuno si accorge che egli cambia amante; gli amici gli causano continui malintesi, perchè non sono capaci di distinguere le sue amiche e le chiamano tutte con lo stesso nome.
    Nella loro caccia alla conoscenza, i donnaioli epici (e a questa categoria appartiene ovviamente Tomas) si allontanano sempe più dalla bellezza femminile convenzionale, della quale si stancano presto, e finiscono irrimediabilmente per diventare dei collezionisti di curiosità. Essi se ne rendono conto, ne provano un po' di vergogna e, per non mettere gli amici in imbarazzo, non si mostrano in pubblico con le loro amanti.
 
 
Milan Kundera - L'insostenibile leggerezza dell'essere

16 luglio 2006

la scelta

...occhei, occhei, forse sono stato un po' sibillino, va bene... effettivamente cosa c'entrano tutti questi strani messaggi, queste immagini, con la seconda volta ? cosa hanno a che fare con la mia vita attuale, passata o futura ? ecco, io credo di aver avuto un privilegio il giorno in cui per futili motivi, senza pensare, ho avviato questo blog: ripetere le mie scelte. Rivivere quello che ho già fatto, fare tutto una seconda volta facendo, questa volta, tesoro di quello che scegliere per la prima volta ha determinato nella mia vita, in modo da orientarla verso una direzione più... diciamo... piena. E' il web, il posto che non c'è, dove ci si può permettere di essere qualcun altro, o essere se stessi in un altro dove o in un altro quando. Io qui dentro voglio essere di nuovo me stesso, tutto qui, e quindi voglio essere un altro, cioè io.
 
Chiaro no ?
 
Adesso allora è il caso di svelare qualche piccolo arcano (pochi però, gli altri la prossima volta! ;-))
 
Boris Vian è un poeta che ha vissuto anche di musica, in parte, ha amato il jazz dei suoi contemporanei ed in particolare il be bop (non vi spiegherò cos'è il be bop, merita un capitolo a parte ;-) l'ho ascoltato per la prima volta in TV, 10 anni fa forse, era una voce fuori campo che leggeva qusto testo (in italiano) mentre un treno passava per le parti più impervie della Sardegna, prima e dopo la poesia la musica del festival jazz di Sant'Anna Arresi o di Berchidda, e per inciso anche uno spezzone di uno degli ultimi concerti di Miles Davis. Questo tentativo ultimo, che mi sembrava assolutamente coerente col personaggio (Davis) di vivere ogni cosa intensamente, mi sembrava descrivere alla perfezione il modus vivendi di molti artisti ed in particolare di tantissimi jazzisti; Davis era uno di questi, come anche Charlie Parker, essi avevano seguito la stessa regola della poesia di Vian, ognuno a modo suo, s'intende. E infatti Parker era crepato dopo aver infilato il suo "zobe" in ogni angolo strano e bizzarro (sul serio...), dopo aver percorso tutta la musica che conosceva da sopra sotto e all'incontrario (soprattutto), con la foga e l'urgenza espressiva di chi pensa già oltre nel momento stesso in cui si sta esprimendo, di chi con le dita e con il soffio non riesce a star dietro alla propria ispirazione (leggasi in proposito Scrivere Bop del grande Jack Kerouak). Davis invece aveva fedelmente visto oltre, ascoltato tutto, ed aveva trasportato la musica in un altro posto, facendo la sintesi di tutto il mondo che lo circondava e lo interessava, 5 anni costantemente in anticipo rispetto al resto del panorama musicale a lui contemporaneo, che poteva solo inseguirlo, se ci riusciva.
 
Tutta questa bellezza, allora, uniformemente diffusa sul globo merita davvero di essere scovata, accarezzata, succhiata, prima che sfugga via, prima che svanisca o che non si faccia più a tempo a vederla.
 
Quello che oggi cerco è anche questo, come tutti gli artisti (ebbene si, mi ascrivo anch'io...) cerco il bello, ma anche il brutto, cerco solo di fare tutto quanto MIO (ultimo riferimento bibliogarfico, sul tema della ricerca del bello e del relativo pellegrinaggio, reale e figurato: Narciso e Boccadoro di Hermann Hesse).
 
Questo è il frutto delle mie scelte, e delle scelte che non ho compiuto, semplicemente rimandando il momento di farle. La domanda è questa: voglio conoscere ? o meglio: voglio comprendere ? La via suggerita da Boris Vian è chiara, ed io per tanto tempo ho forse seguito una strada diversa, scegliendo di non scegliere, in molti casi. Ora che il massiccio peso delle mie scelte e delle mie non scelte si fa sentire in tutta la sua pesante inconsistenza (leggasi Kundera.... e due!), nelle sue drammatiche quanto impevedibili conseguenze, mi rendo conto che è giunto il momento di scegliere, perchè ho passato la linea d'ombra (e tre....) e non posso più nascondermi, non troverò più ad aspettarmi l'occasione d'oro, il buon Samaritano, la bella zingara, il ricco mercante, il fuoco sacro e la musa ispiratrice. Ora so che scegliere di fare è prioritario rispetto a scegliere di non fare, magari scegliere di sbagliare anche, ma tutte le scelte non compiute ora sono davanti a me e mi ricordano che il tempo passa e non mi aspetterà più. Ora che scelgo per la seconda volta, lo so.
 
Perciò ora tocca anche a te: quando lui ti chiederà, lei ti dirà, quando il sole nascerà ancora, uguale a ieri, tu potrai come tutti i giorni scegliere... : domani, allora, cosa sceglierai......

02 luglio 2006

Je voudrais pas crever

Je voudrais pas crever
Avant d'avoir connu
Les chiens noir du Mexique
Qui dorment sans rever
Les singes à cul nu
Dèvoreurs de tropiques
Les araignées d'argent
Au nid truffé de bulles
Je voudrais pas crever
Sans savoir si la lune
Sous son faux air de thune
A un coté pointu
Si le soleil est froid
Si les quatre saisons
Ne sont vraiment que quatre
Sans avoir essayé
De porter une robe
Sur les grands boulevards
Sans avoir regardé
Dans un regard d'égout
Sans avoir mis mon zobe
Dans des coinstots bizzarres
Je voudrais pas finir
Sans connaitre la lèpre
Ou les sept maladies
Qu'on attrape là-bas
Le bon ni le mauvais
Ne me fairent de peine
Si si si je savais
Que j'en aurai l'étrenne
Et il y a z aussi
Tout ce que je connais
Tout ce que j'apprécie
Que je sait qui me plait
Le fond vert de la mer
Où valsent les brins d'algue
Sur la sable ondulé
L'herbe grillée de juin
La terre qui craquelle
L'odeur des conifères
Et les baisers de celle
Que ceci que cela
La belle qui voilà
Mon Ourson, l'Ursula
Je voudrais pas crever
Avant d'avoir usé
Sa bouche avec ma bouche
Son corps avec mes mains
Le reste avec mes yeux
J'en dis pas plus faut bien
Rester révérencieux
Ja voudrais pas mourir
Sans qu'on ait inventé
Les roses éternelles
La journée de deux heures
La mer à la montaigne
La montaigne à la mer
La fin de la doleur
Les journaux en coleurs
Tous les enfants contents
Et tant de troucs encore
Qui dorment dans les cranes
Des géniaux ingeniéurs
Des jardiniers joviaux
Des sociaux socialistes
Des urbains urbanistes
Et des pensifs penseurs
Tant de choses à voir
A voir et à z-entendre
Tant de temps à attendre
A chercher dans le noir
 
Et moi je vois la fin
Qui grouille et qui s'amène
Avec sa gueule moche
Et qui m'ouvre ses bras
De grenouille bancroche
 
Je voudrais pas crever
Non monsieur non madame
Avant d'avoir taté
Le gout qui me tourment
Le gout qu'est le plus fort
Je voudrais pas crever
Avant d'avoir gouté
Le saveur de la mort...
 
[Boris Vian]

28 giugno 2006

let's rock

Take me down to the Paradise City where the grass is green and the girls are pretty
TAKE
ME
HOOOOME

10 giugno 2006

are you going with me ?

The Shadow Line

"   Solo i giovani hanno di questi momenti. Non parlo dei giovanissimi. No. I giovanissimi, per essere esatti, non hanno momenti. E' privilegio della prima gioventù di vivere in anticipo sui propri giorni, in tutta una bella continuità di speranze che non conosce pause nè introspezioni.
    Uno chiude il piccolo cancello della mera fanciullezza ed entra in un giardino incantato. Là perfino le ombre splendono di promesse. Ogni svolta del sentiero ha una sua seduzione. E non perchè sia una terra ignota. Si sa bene che tutta l'umanità ha percorso quella strada. Ma si è attratti dall'esperienza universale da cui ci si attende di trovare una sensazione singolare o personale: un po' di se stessi.
    Si va avanti, allegri e frementi, riconoscendo le orme di chi ci ha preceduto, accogliendo il bene e il male insieme - le rose e le spine, come si dice - la variopinta sorte comune che offre tante possibilità a chi le merita o, forse, a chi ha fortuna. Sì, uno va avanti. E il tempo pure va avanti, finchè ci si scorge di fronte una linea d'ombra che ci avverte di dover lasciare alle spalle anche la regione della prima gioventù.
    Questo è il periodo della vita che può portare i momenti ai quali ho accennato. Quali momenti ? Momenti di tedio, di stanchezza, di scontento. Momenti d'irriflesione."

06 giugno 2006

scrivi che ti passa

Una volta ho scritto un racconto che si chiamava così, la seconda volta, è inutile dirvi che non è servito a nulla, se non a far nevicare, perchè mentre lo leggevo a chi aveva orecchie per sentirmi all'improvviso e senza motivo apparente è caduta la neve, ed ha accompagnato il protagonista mentre suonava, mentre correva in moto, mentre amava... si basava sulla filosofia di Kundera de L'Insostenibile leggerezza dell'essere, e che mi permetto di fare mia in poche parole: le tue scelte non hanno importanza, quindi scegli pure.
Questo posto sarà il luogo dove l'insieme di queste scelte serviranno a rendere giustizia al secondo tentativo di compierle, collezionando non tanto i fatti quanto le impressioni che le scelte mi hanno lasciato, facendo di me quello che sono oggi.
Vorrei che tutto suonasse come Chan's Song. Quindi lustrate gli ottoni, pulite le corde, tirate fuori le spazzole, perchè la musica sta per cominciare.....